sabato 2 febbraio 2013

Lavorare in Comune: dirigenti di se stessi per grazia ricevuta


01/02/2013 di MICHELE MARCOLONGO da veronaIN

In Comune di Verona 1 Dirigente ogni 10 lavoratori mentre la separazione tra tecnici e politici presenta troppe zone grigie. Il sindacato del Pubblico impiego (CUB) denuncia pesanti irregolarità, con indebite ingerenze da parte di alcuni assessori. E i criteri per la carriera? Gli stipendi? Dall'inchiesta di Verona IN emerge un quadro poco chiaro dove chi sgomita nel modo giusto riesce anche a farsi spazio. A scapito degli altri.

 Una lettera aperta del sindacato autonomo Cub del Pubblico Impiego di Verona, indirizzata a tutti i dipendenti del Comune, sta scuotendo le fondamenta di Palazzo Barbieri liberando tutto il malumore che da tempo cova sotto le ceneri tra il personale impiegatizio. In essa si denuncia una sostanziale mancanza di autonomia da parte della classe dirigente del Comune nei confronti dello “straripante” potere politico esercitato dalla giunta e dai singoli assessori.
Uno stato di sostanziale “commistione” tra potere politico e potere amministrativo che tradirebbe lo spirito delle riforme della pubblica amministrazione avviate fin dagli anni Novanta sulla base di un’auspicata “separazione tra il potere politico e quello tecnico all’interno della Pubblica Amministrazione”, e che esporrebbe i lavoratori a ogni genere di ritorsioni e forzature più o meno velati.
A titolo di esempio di tale affermata degenerazione, nella lettera si cita il fatto che “nelle assemblee pubbliche i lavoratori delle scuole materne chiedono ormai di votare in segreto per timore di ritorsioni”. Si rivela di un assessore che “convoca ad una ad una le organizzazioni sindacali per raccomandare loro, esplicitamente, la promozione di un collega”. Di un altro che, nel corso dell’iter di approvazione di una delicata opera pubblica, che attende l’esame delle osservazioni dei cittadini, “convoca il personale degli uffici preposti raccomandando loro un lavoro celere ed essenziale”. Di promozioni fatte secondo criteri più politici che sulla base di valutazione oggettive dei risultati raggiunti. “Perché non possiamo raccontare le ‘mitiche’ avventure del Comandante della Polizia Municipale – prosegue la lettera – e dei i suoi ‘fantasiosi’ procedimenti disciplinari nei confronti dei “sottoposti” ed il clima perturbato che questo produce?”
A conferma di una mancata separazione tra potere politico e amministrativo si cita una circolare apparsa in questi giorni sull’Intranet del Comune, in cui si stabilisce che a partire dal 23 gennaio 2013 “tutte le determinazioni di impegno di spesa per l’esercizio 2013 debbano essere preventivamente sottoposte all’esame della Giunta”. Insomma, mentre nel resto d’Italia la politica si affida ai tecnici, a Verona la politica avocherebbe a sé tutto il potere. Tante considerazioni, ma anche tanti numeri a sostegno della tesi che a Verona esisterebbe una vera e propria anomalia.
“Che cosa ci stanno a fare nel Comune di Verona 58 dirigenti su 2423 lavoratori, quando Padova ne ha la metà, con un risparmio di 2 milioni di euro l’anno?”. Quello del gran numero di dirigenti e posizionati è una anomalia riscontrata anche da uno studio ufficiale. Nel corso del 2007 il Cuoa, prestigiosa business school del Nordest, su incarico dello stesso Sindaco Flavio Tosi, che allora si apprestava a prendere per la prima volta in mano le redini della macchina comunale, aveva proceduto ad una approfondita analisi dell’organigramma comunale, giungendo alla conclusione che in Comune il numero dei capi (dirigenti e “posizionati”, una sorta di subdirigenti) in rapporto ai lavoratori semplici era decisamente sovradimensionato.
Il Cuoa aveva contato 56 dirigenti e ben 160 sub-dirigenti. In pratica un capo (o capetto) ogni 11 impiegati. Troppi, visto che, secondo lo stesso Cuoa, in gran parte delle città della dimensione paragonabile a Verona la situazione si presentava ben più equilibrata. I consulenti consigliavano vivamente di rivedere almeno una ventina di posizioni di comando a partire dagli uffici in cui il rapporto tra capi e comandati era inferiore a 1:5, e ne citava alcuni a titolo di esempio: l’ufficio del Sindaco, la Direzione Generale, gli Affari di Giunta.
A distanza di cinque anni, però, la situazione non è migliorata affatto: oggi infatti il Comune si trova con ben 58 dirigenti e 177 posizionati su un totale di 2.423 dipendenti, con un rapporto di 1 dirigente ogni 10 comandati. La spesa annua per i soli stipendi (lordi) dei dirigenti ammonta a circa 5 milioni di euro.
Secondo i dati forniti dal sindacato autonomo Cub, nell’organigramma attuale del Comune ci sono almeno cinque settori del Comune in cui un dirigente comanda meno di cinque dipendenti e ben sette dirigenti che comandano… se stessi, ovvero non hanno nessun impiegato ai loro ordini.
Oltre alla retribuzione base del dipendente comunale, che si aggira dai 1.200 ai 1.600 euro al mese a seconda dell’inquadramento, dell’anzianità e del livello professionale acquisito, il dirigente costa, di sola “base tabellare”, 43.625,66 euro all’anno, a cui va aggiunta la “retribuzione di posizione” che nel 2011 (ultimi dati disponibili) è andata da un minimo di 18 mila euro a un massimo di 57 mila, a seconda del settore di riferimento. Poi c’è la “retribuzione di risultato” che sempre stando ai dati 2011 può variare dai 2 ai 4 mila euro l’anno e in un caso ha raggiunto i 24 mila euro. Oltre a tutto ciò, il dirigente può percepire “altri compensi” derivanti da progetti singoli a cui ha partecipato nel corso dell’anno, ad esempio il capo dell’ufficio tecnico che partecipa alla progettazione una grossa opera pubblica.
Nel 2012 il settore “Pianificazione territoriale” ha così percepito “altri compensi” per un valore di 56 mila euro; quello “Mobilità e traffico” 24 mila; l’ ”Edilizia Pubblica” 29 mila; i Lavori pubblici 17 mila. Naturalmente tutte le voci che formano la busta paga del dirigente non sono esentasse. A fronte di una retribuzione lorda che può variare da un minimo di 67 mila euro a un massimo di 145 mila euro, il netto che finisce in tasca oscilla dai 40 agli 80 mila euro all’anno. Da segnalare che nei documenti che vengono resi pubblici non viene conteggiato l’accantonamento per il fine rapporto (cosiddetto “lordissimo”).
Nello svolgimento del suo incarico il dirigente può essere coadiuvato dalle cosiddette “posizioni organizzative”, una sorta di subdirigenti. Si tratta di personale già inquadrato nella fascia più alta (la D) a cui l’amministrazione assegna il coordinamento di uno specifico incarico riconoscendogli per questo un premio annuo aggiuntivo che può variare da un minimo di 5.200 euro l’anno a un massimo di 16 mila. Nel Comune di Verona la media di tale premio aggiuntivo si aggira attorno ai 10.282 euro l’anno, per un “monte-premi” complessivo di 1.820.000 (177 è infatti il numero di posizionati). Quest’ultima cifra non è casuale, ma è frutto di un accordo sindacale esistente fin dal 2008 tra amministrazione e sindacati: la “posizione organizzativa” è infatti un incarico temporaneo che deve venire rinnovato annualmente e l’amministrazione comunale ha ottenuto dal sindacato la possibilità di gestire, entro questo tetto di spesa, abbastanza liberamente le posizioni organizzative in cambio dell’assicurazione di lasciare un congruo monte-premi di risultato (circa 2,7 milioni di euro all’anno) da suddividere tra i lavoratori “semplici”.
Da questa dinamica derivano le pressioni di cui spesso le sigle sindacali sono oggetto da parte di questo o quell’assessore, che cerca di inserire nel computo annuo delle risorse destinate alle posizioni organizzative determinate persone gradite o comunque ritenute meritevoli dall’amministrazione. Questa sorta di pax sindacale potrebbe però saltare se la corda viene tirata troppo.
Alla base della piramide abbiamo infine i dipendenti semplici: si tratta di 1.967 persone suddivise in questo modo: 456 in fascia B; 1.055 in fascia C e 452 in fascia D. Infine ci sono le 251 impiegate del contratto scuola, inquadrate generalmente in fascia C. Per i “peones” alla base della piramide, il premio di risultato annuale vale all’incirca una tredicesima. Sulla carta ciascun dipendente dovrebbe essere sottoposto a rigorose verifiche e valutazioni degli obbiettivi raggiunti, sulla base delle quali dovrebbe essere poi commisurata la corresponsione del premio di risultato.
Il condizionale è d’obbligo perché nella pratica i criteri di valutazione sono tutt’altro che verificabili, misurabili e oggettivi, un po’ per colpa del legislatore che da decenni abbozza riforme della pubblica amministrazione che non vedono mai la luce o che vengono ammazzate in culla; un po’ per colpa dello stesso Comune che, diversamente da altre realtà in Italia, non si è mai deciso ad adottare organismi di valutazione indipendenti delle performance dei servizi e della produttività dei dipendenti.
Va da sé che, in assenza di parametri oggettivi, la verifica e la valutazione delle prestazioni del personale viene di fatto demandata alla “libera” contrattazione sindacale il cui esito, ovviamente, dipende dai rapporti di forza interni all’azienda-Comune.
Ritornando al rapporto tra capi e dipendenti possiamo ora capire che il rapporto reale è ancora più squilibrato di quanto appare a prima vista guardando soltanto al numero di dirigenti. Considerando che anche le posizioni organizzative svolgono un’azione di coordinamento e comando all’interno degli uffici, possiamo vedere come i Lavori Pubblici, ad esempio, con 71 dipendenti, siano diretti da un dirigente e ben 13 posizioni organizzative, con un rapporto pari ad un capo ogni 5 diretti. C’è bisogno di un dirigente per governare l’ufficio Segnaletica stradale?
Gli unici settori a fare eccezione sono l’Istruzione, dove un dirigente e una manciata di posizioni organizzative coordinano ben 664 dipendenti, e la Polizia Municipale, dove i dipendenti da coordinare sono ben 329. Istruzione e Polizia Municipale contano quindi il 40% del totale dei dipendenti comunali. Se per assurdo togliessimo questi dipendenti e questi capi dell’organico del Comune il rapporto capi-dipendenti si abbasserebbe a 1 capo ogni 4,5 diretti.
 L’eccessiva concentrazione di dirigenti o subdirigenti in quasi tutti gli uffici comunali è conseguenza di diversi fattori: carriere personali interrotte, oppure particolari scelte di gestione. C’è ad esempio il caso del dirigente che sotto ad una amministrazione aveva la responsabilità di un settore importante e che coordinava una trentina di dipendenti ma che poi, di punto in bianco, diventato inviso alla nuova amministrazione, viene spostato in un ufficietto dove coordina solo 5 persone. Ci sono rendite di posizione. Ci sono dirigenti che sono stati redistribuiti nei i vari settori quando l’amministrazione ha deciso di esternalizzare le mense scolastiche e le farmacie. C’è il caso delle segretarie degli assessori che nel corso del tempo hanno guadagnato tutte la “posizione organizzativa” pur continuando a svolgere lo stesso lavoro. C’è il caso dello staff del Sindaco. C’è il caso del dirigente che viene richiamato in servizio dalla pensione con incarico fiduciario.
Non da ultimo, il numero dei dirigenti rimane alto per una normativa perversa che consente all’amministrazione di nominare a tempo determinato una quota del 10% di dirigenti. Ed è ovvio che più larga è la base di partenza, più grande sarà il numero dei dirigenti che la politica può nominare a sua totale discrezione, senza concorso.
Da tempo il sindacato chiede di dare un taglio al mantenimento in servizio dei dirigenti richiamati, dei posizionati e delle cosiddette “alte professionalità” (altra maniera per distribuire incarichi); di evitare di sostituire i dirigenti che vanno in pensione e di riaprire, finalmente, le assunzioni mediante concorso nei servizi più importanti e ora in grave sofferenza, come gli asili nido, le scuole materne, tra le assistenti sociali e la polizia municipale. Il dialogo tuttavia è difficile.
La consapevolezza che una revisione dell’organigramma sia necessaria c’è anche da parte dell’amministrazione comunale. Nel recente passato l’assessore al Personale l’ha dichiarato più volte. I provvedimenti concreti continuano tuttavia a riguardare il grande risiko dei dirigenti alla testa: il 15 gennaio scorso un decreto del Sindaco andava a rimodulare la lista dei “Magnifici sei”, ovvero dei dirigenti responsabili delle 6 principali aree di attività del Comune: accanto ai riconfermati Marco Borghesi alle Risorse Economiche; Marco Crescimbeni alle Risorse Umane; Daniela Maellare ai Servizi Sociali; Lauciano Ortolani ai Lavori Pubblici e Gabriele Ren alla Cultura troviamo la new entry Giorgio Zanoni divenuto responsabile dell’Area Gestione del Territorio. La stranezza evocata da alcuni sindacati è che l’ufficio di Zanoni, Mobilità e Traffico, si trova però ancora sotto i Lavori Pubblici. A chi risponde questo dirigente?
Anche da parte dei cittadini ci si potrebbe chiedere a quali interessi risponda il mantenimento di una struttura di comando tanto sproporzionata rispetto alle esigenze, e quali servizi potrebbero venire potenziati o migliorati con i milioni di euro che si potrebbero risparmiare attraverso una gestione più sobria della macchina comunale.
Forse ce lo dirà il prossimo direttore Generale (l’attuale, Renato Piccoli, è scaduto a dicembre ma ha ottenuto una proroga di 6 mesi). Le voci di corridoio indicano come favorito alla successione Marco Mastroianni, che attualmente dirige, assieme a 3 posizioni organizzative, lo staff del Sindaco, la Segreteria del Sindaco e la Promozione del lavoro per un totale di 16 dipendenti. I sindacati lo annoverano tra i dirigenti di nomina politica. Forse ce lo dirà lui. O forse no.

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