domenica 2 febbraio 2014

LA POLITICA DELLA REGIONE VENETO IN MATERIA DI CAVE

Nel prossimo Consiglio di Circoscrizione del 6 Febbraio 2014 verrà dato un parere sul PRAC – Piano Regionale delle Attività di Cava – previsto dalla Legge Regionale 7 settembre 1982, n 44









Alcuni dati ricavati dalle relazioni del  PRAC*
Durata del piano dieci anni



Estrazioni effettuate
mc/anno
ml = milioni
Riserve disponibili e già autorizzate
Fabbisogni stimati ulteriori
All A Dgr n. 2015 del 04 nov 2013
1990
1997-2007
2008-2011

per 10 anni
Sabbie e ghiaie
12 ml
8,5 ml
5-7 ml
85 ml mc
 (bastano per 12 anni)
60 ml mc
Calcari per costruzioni 
250.000
750.000
750000
11 ml mc
(bastano per 14 anni)
6 ml mc
Detrito (anche per calci e costruzioni)
450.000
1.8 ml
690.000
24 ml mc
(bastano per 34 anni)
9 ml mc
Calcari per Industria (Calce Cementi Granulati)
1,7 ml
1,4-1,7 ml
1 ml
28 ml mc
(bastano per 28 anni)

Argille per Laterizi
1 ml
930.000
400.000
7.5 ml
(bastano per 18 anni)

Basalto
100.000
120-160.000
140.000
3 ml
(bastano per 21 anni)

Calcare lucidabile (marmo) Rosso Verona Rosso Asiago
100.000
230-510.000
180.000
6,8 ml
(bastano per 37 anni)

Calcare da taglio (Pietra Lessinia, di vicenza..)
50.000
50-100.000
70.000
4.3 ml
(bastano per 61 anni)

*Dati indicativi estrapolati dall’allegato A ed E del DGR 2015 04 nov 2013

Riserve = volumi disponibili, autorizzati e ancora a giacimento

Recupero da rifiuti inerti da demolizioni per detriti e calcari da industria (cementi) 18 ml mc
Recupero da scavi per opere pubbliche e di privati 27 ml mc
Riserve sono considerate solo per il 25%- 30%
Vedi Allegato E pag 32 e succ.

L’applicazione del PRAC è previsto dalla nuova legge
La proposta di legge per il governo delle attività estrattive andrà a sostituire la “vecchia” numero 44 del 1982, una buona legge ma mai entrata in vigore con efficacia per responsabilità delle Giunte Regionali che si sono succedute negli ultimi trent’anni.
La nuova legge  ha il sapore di un condono ex post per tutte le attività di cava “ legittimate” a prescindere dall’assenza dello strumento base e indispensabile che è il Piano Regionale per le Attività di Cava (PRAC).
La Regione Veneto, infatti, non ha mai promulgato l’obbligatorio Piano, assecondando e autorizzando per oltre trent’anni attività estrattive, fortemente impattanti su suoli e paesaggio, a supporto dei “pesanti “ settori dell’economia veneta, caratterizzati prevalentemente da edilizia e infrastrutture, fortemente voluti e perseguiti dalla stessa politica regionale.
Il PRAC di fatto autorizza nuove concessioni nonostante quanto estratto e non utilizzato in questi ultimi anni basti ed avanzi per soddisfare i fabbisogni per i prossimi vent’anni, pur considerando, per le stime sui consumi futuri, i folli prelievi dal 1990 a oggi.
Infatti, dai dati messi a disposizione dalla Regione Veneto, risaltano i quantitativi residui autorizzati e/o disponibili in relazione all’andamento dei consumi.
Nel Veneto nelle oltre 600 cave attive, di cui poco più della metà per il prelievo di sabbie, ghiaie, argille e materiali per le costruzioni nel 2011 la disponibilità autorizzata era di 121 milioni di mc relativi solamente a sabbia, ghiaia, calcari e detriti (dossier della Regione Veneto allegato alla Pdlr 284, 2011).
I consumi medi – negli anni novanta fino al 2006 si attestavano complessivamente mediamente sotto i 9 milioni di mc/anno, periodo di massima attività edilizia e infrastrutturale che non ha paragoni nemmeno con le altre regioni d’Italia (dai dati Istat 2010 si ricava che nel nord-est dal 1995 al 2007 i valori medi annui autorizzati di nuova edificazione sono stati di 8 mc/ab/anno contro i 4,9 mc/ab/anno del nord-ovest, con una media nazionale di 4,5 mc/ab/anno) – negli ultimi anni sono crollati fino a 5,4 milioni di mc nel 2010 per le sabbie e ghiaie. Non diversa sorte hanno avuto le altre geo-risorse, con cali fino al 70% .
Premessi questi sintetici valori possiamo affermare con certezza che i materiali disponibili possono far fronte a teorici fabbisogni (ai ritmi edificatori poco onorevoli e non auspicabili degli ultimi anni, per altro “condannati” dall’intera classe politica) per i prossimi 10 – 15 anni, senza peraltro considerare l’auspicabile sostitutivo utilizzo di materiali derivati dal riuso- riciclo dei composti da demolizione e costruzione.
Un altro importante motivo per voler modificare l’attuale legge sulle cave risiede nella consapevolezza dell’inerzia regionale relativa alle cave “minori” classificate nel gruppo B (marmo, pietre ornamentali, trachite,  quarzo …) dimostrata a tutt’oggi, delegando gli enti locali alla loro pianificazione e gestione.
Le cave del gruppo B, che sono poco più del 50% delle cave attive nel Veneto pur se con volumi estratti  decisamente minori (4,5% del totale), sono ubicate prevalentemente in ambiti collinari e montani ed hanno un impatto sull’ambiente e sul paesaggio uguale e in molti casi più marcato rispetto a quelle di tipo A (sabbia, ghiaia, detrito, argille…) ubicate per lo più in pianura.
Tutti sappiamo cosa sta succedendo sulle colline (o meglio sotto le colline di Alcenago). Il guadagno di pochi produce e produrrà disastri per molti, dal punto di vista ambientale (frane), dal punto di vista economico dei privati (svalutazione delle case) del pubblico (interventi di risanamento, nuove strade, sicurezza) dal punto di vista sociale (compromissione del tessuto abitativo di Alcenago e Sengie)
Le esperienze fatte fino ad oggi, hanno prodotto gli scempi che sono sotto gli occhi di tutti.
Si evidenzia uno scorretto uso del suolo e un convinto quanto improbabile rilancio dell’economia veneta attraverso nuove opere edilizie, grandi opere e infrastrutture pubbliche.
Occorre promuovere una profonda innovazione nel settore perché ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio è quanto mai urgente e oggi possibile.
È indispensabile puntare a ridurre il prelievo da cava puntando sul recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni, considerato ancora oggi un rifiuto da conferire in discarica.
Quello delle cave è un argomento che non solo deve essere messo in evidenza in ogni discussione di pianificazione, ma deve diventare uno dei punti chiave su cui capire e ragionare delle trasformazioni complessive che si stanno verificando nel nostro Paese, in particolare nel Veneto che oggi rappresentano una fonte di reddito per le attività non propriamente trasparenti, ma che potenzialmente possono diventare un volano economico e di sostenibilità ambientale.

Si può comprendere che per ragioni di appartenenza, di partito, sia difficile contestare alcune scelte operate da un livello gerarchico superiore. Ma quando tali scelte, compromettono lo sviluppo del territorio, rischiano di renderlo invivibile o inospitale o degradato o compromesso o tutto questo insieme, credo che non possiamo esimerci come amministratori locali da impegnarci per difendere la qualità della vita, o la vita stessa, del territorio che siamo chiamati a tutelare ed amministrare.
Il PRAC prevede che non sia possibile risiedere ad una distanza inferiore di 200 metri da una cava. Significa che se i nostri nonni avessero attivato in prossimità della sede della Circoscrizione una cava (come ai confini della nostra circoscrizione a Ferrazze) praticamente non ci sarebbe posto per l’intero abitato di Quinto.
Anche solo a livello economico è comparabile tale scelta?
Vogliamo davvero renderci responsabili di questo tipo di scelte nel nostro territorio?


Il PRAC ha una durata di dieci anno e le riserve esistenti sono più che sufficienti per i prossimi 15 e probabilmente 20 anni, perché ampliare ancora?.
Per questo chiediamo al Consiglio di esprimersi con parere contrario.

Allegati
DGR 2015 04 NOV 2013 PRAC Allegato A 
DGR 2015 04 NOV 2013 PRAC Allegato E 

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